Cosa sono i dividendi e come funzionano?

dividendi

In questo articolo cogliamo l’opportunità per chiarire una questione che piace a molti, ma su cui regna ancora parecchia confusione: quella dei dividendi e delle rendite passive. I dividendi, di per sé, rappresentano un meccanismo sano e fondamentale nell’investimento azionario, ma spesso vengono utilizzati per attrarre investitori allettati dall’illusione di facili guadagni.
È evidente che, anche senza una profonda conoscenza della finanza, basta il buon senso per comprendere che non esiste nulla che offra grandi benefici senza alcun costo. L’idea stessa di ottenere un ‘secondo stipendio’ senza sforzo si riduce a due possibilità: o è illegale, oppure è una colossale illusione.

Passiamo ora ai dividendi e alla loro frequente incomprensione, che spesso porta alcune persone a credere che i dividendi possano far ‘piovere soldi dal cielo’ senza alcuno sforzo. Un ragionamento comune è scegliere di investire in determinate azioni piuttosto che in altre perché distribuiscono dividendi elevati, oppure quello di costruire un portafoglio basato su dividendi per garantire un flusso costante di guadagni, indipendentemente dalle condizioni del mercato.

Cosa sono i dividendi?

Iniziamo da: cos’è un dividendo?
È un importo distribuito dalla società agli azionisti come remunerazione del capitale investito, come spiegato dal sito di Borsa Italiana. In altre parole, è un flusso di cassa in denaro che la società distribuisce periodicamente ai suoi azionisti, sulla base delle decisioni del consiglio di amministrazione.
Esistono molte società che distribuiscono dividendi da decenni, come le storiche Blue Chip americane, tra cui Procter & Gamble e Coca-Cola, e lo stesso vale per la Borsa Italiana (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Enel).

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Come funzionano i dividendi?

Il dividendo, in sostanza, rappresenta il premio per chi investe nella società: l’azionista fornisce capitale, la società cresce grazie a questi fondi, genera utili e ne distribuisce una parte agli azionisti. Questo è l’essenza del modello capitalistico, fondato sul rischio d’impresa e sulla partecipazione collettiva attraverso l’investimento di capitale. Fin qui, tutto chiaro?È intuitivo pensare che più una società genera utili, maggiori saranno i dividendi distribuiti agli azionisti. Tuttavia, questa convinzione è alla base di un errore comune: l’idea che una società che distribuisce più dividendi sia automaticamente migliore di una che ne distribuisce meno o non li distribuisce affatto. Questa convinzione è diffusa ma è tecnicamente errata, non ha alcun fondamento concreto in quanto non trova riscontro nei dati.A rafforzare questa convinzione contribuisce anche il concetto di ‘Dividend Kings’ e ‘Dividend Aristocrats’, due categorie che comprendono le aziende con un lungo track record nella distribuzione di dividendi.

Le società ‘Dividend Kings’ sono quelle che hanno distribuito dividendi in crescita per almeno 50 anni, come Pepsi e il celebre amore di Warren Buffett, Coca-Cola.
Le ‘Dividend Aristocrats’, invece, sono quelle aziende che hanno aumentato i loro dividendi per almeno 25 anni consecutivi, tra cui storiche Blue Chip come 3M e Verizon. Anche la nostra italiana A2A (fornitrice di servizi di pubblica utilità) rientra in questa aristocrazia a livello globale.
dividendi cosa sono

Il grafico mostra l’effetto dello stacco del dividendo sul prezzo di un’azione.
– Prima dello stacco, l’azione ha un valore di €100.
– Al momento dello stacco del dividendo, indicato dalla linea verticale tratteggiata rossa, il prezzo dell’azione cade a €95.
! Nonostante la diminuzione del prezzo dell’azione, il valore totale per l’azionista rimane invariato a €100 (€95 di valore dell’azione più €5 di dividendo in contanti).

Investire in dividendi azionari: cosa sono?

Spesso si associa la distribuzione di dividendi alla solidità finanziaria e alla maggiore attenzione delle società alla crescita del valore per gli azionisti, anche se questa correlazione non è sempre veritiera.

Non esiste una correlazione dimostrata tra la crescita del valore di una società e il fatto che essa distribuisca o meno dividendi ai propri azionisti. È un bias mentale che ci porta a pensare il contrario, cioè vedere un’azione aumentare di valore di 5 euro sembra valere meno, psicologicamente, rispetto a ricevere 5 euro in contanti. Anche se si tratta sempre degli stessi 5 euro, quelli in contanti ci danno una soddisfazione maggiore, nonostante il fatto che abbiano un valore inferiore a causa della tassazione.
Il nostro cervello preferisce ricevere soldi liquidi sul conto, piuttosto che vedere il valore di un asset aumentare di pari importo. Probabilmente, questo è legato all’idea che sia meglio avere ‘un uovo oggi’ piuttosto che ‘una gallina domani’, oppure alla sensazione che i soldi sul conto siano ‘reali’, mentre il valore di un’azione sia più incerto e volatile. Razionalmente non ha senso, ma emotivamente per noi conta di più ricevere denaro liquido.

Fama e French hanno elaborato un famoso modello, noto come il modello a cinque fattori, che identifica cinque elementi chiave che dovrebbero influenzare la crescita di un’azione nel lungo termine. In sintesi, questi 5 fattori includono le dimensioni della società (con l’ipotesi che le small cap crescano in media più delle large cap), il rapporto tra il valore contabile e la capitalizzazione, ovvero la differenza tra gli asset e i debiti rispetto al prezzo delle azioni moltiplicato per il numero di azioni disponibili.

I futuri flussi di cassa derivanti da un investimento vengono attualizzati utilizzando un tasso di sconto che equivale al rendimento atteso. Ora, questa spiegazione, pur essendo teoricamente corretta, può sembrare complessa, un po’ come quando si cerca di calcolare le probabilità di stabilire un contatto con gli extraterrestri, utilizzando una serie di valori sempre più restrittivi, come la presenza di stelle con pianeti o di pianeti adatti allo sviluppo della vita.
In termini più semplici, il prezzo di un’azione rappresenta la stima del mercato sui benefici futuri che un investimento potrebbe generare. Il valore attuale di questi benefici futuri viene calcolato con il modello del ‘discounted cash flow’, che utilizza appunto un tasso di sconto per attualizzare il valore futuro in base al rendimento atteso. Ad esempio, se oggi compro un’azione a 100 euro e mi aspetto che tra un anno valga 110, i 100 euro rappresentano il valore attualizzato dei 110 futuri, considerando un tasso di sconto del 10%.

Ma cosa succede quando una società stacca un dividendo? Il termine stesso lo suggerisce: nel momento in cui viene distribuito, ciò che vi arriva in tasca non è altro che una parte del valore della vostra azione in una forma diversa. Il giorno in cui viene staccato il dividendo, il prezzo dell’azione scende generalmente di un valore corrispondente al dividendo distribuito.

Ad esempio, se un’azione vale 100 euro e viene staccato un dividendo di 5 euro, il mio patrimonio non diventa 105 euro. Rimane comunque 100 euro, solo che avrò 95 euro in azioni e 5 euro in contanti.

Come funzionano le tasse sui dividendi?

Il problema è che sui dividendi pago il 26% di tasse, quindi, in realtà, di 10 euro ricevuti, solo 7,40 finiranno effettivamente nel mio conto, mentre 2,60 euro andranno al fisco.
Questa strategia, dunque, non è sempre ottimale, poiché si finisce per pagare più tasse rispetto a un investimento dove i dividendi vengono automaticamente reinvestiti (ETF ad accumulazione).
Un altro esempio: supponiamo di acquistare 150 azioni di una società quotata a 40 euro l’una, per un totale di 6.000 euro. Dopo un anno, il prezzo delle azioni sale a 45 euro, portando il valore del mio portafoglio a 6.750 euro. Se la società distribuisce un dividendo del 4%, riceverò circa 199,80 euro al netto delle tasse, portando il mio patrimonio totale a 6.679,80 euro. Se, invece, la società non distribuisce dividendi e vendo cinque azioni da 45 euro ciascuna, otterrò 218,50 euro, con un patrimonio complessivo di 6.743,50 euro.
Questo dimostra che, senza dividendi, si possono avere sia più soldi sul conto che un patrimonio totale più alto, poiché nel caso dei dividendi pago il 26% su tutto il dividendo ricevuto, mentre vendendo alcune azioni pago le tasse solo sul guadagno tra prezzo di acquisto e prezzo di vendita.

Considerazioni finali

In sintesi, il valore di un’azione dipende dai fondamentali della società, non dalla politica di distribuzione dei dividendi. Avere azioni che staccano dividendi nel portafoglio ha senso non perché distribuiscano dividendi, ma per diversificare l’allocazione del portafoglio e gestire meglio la liquidità a breve termine.

Oggi, con obbligazioni che rendono dal 3% al 5%, e obbligazioni high yield che arrivano anche all’8%, ha senso diversificare i propri investimenti in modo da ottenere un flusso di cassa periodico. Tuttavia, le obbligazioni offrono maggiore stabilità del capitale rispetto alle azioni, che fluttuano insieme ai movimenti di mercato.
In breve, investire in azioni che distribuiscono dividendi può essere una buona scelta, purché non lo si faccia solo perché staccano dividendi. Dovremmo invece concentrarci sulle società che abbiano senso all’interno del nostro portafoglio in termini di fondamentali e obiettivi a lungo termine.

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